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1 - SANTA MARIA NOVELLA

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Santa Maria Novella è la prima, delle grandi basiliche fiorentine. Il nome "Novella" le viene dall'aver sostituito sulla piazza un oratorio del IX secolo, già ingrandito nel 1094, chiamato Santa Maria delle Vigne. Nel 1221 questa chiesa e l'area circostante vengono assegnati ai frati domenicani, che subito iniziano la trasformazione.

La costruzione di quella della magnifica sede del potente Ordine Domenicano comincia nel 1246 per mano di due monaci architetti: frà Sisto Fiorentino e frà Ristoro da Campi. L'opera viene conclusa nel 1360 sotto la direzione di frà Iacopo Talenti, autore anche del Cappellone degli Spagnoli (1350-55), del Refettorio del convento (1353) e del grande campanile cuspidato in stile romanico-gotico (1330). Nel 1470 Leon Battista Alberti il completò della facciata, dove gli elementi medievali furono mirabilmente armonizzati con le parti nuove del progetto albertiano. Le relazioni delle parti fra loro e con il tutto sono stabilite da un armonico sistema proporzionale derivato dai semplici rapporti (uno a uno, uno a due, uno a tre, ecc.) che stanno alla base dell'armonia musicale. Questo sistema permise all'Alberti di definire la posizione e la dimensione di ogni elemento del prospetto. Il rapporto di uno a due governa la composizione dell'intera facciata, che risulta inscritta in un quadrato, mentre un quadrato minore (con lato pari alla metà di quello maggiore) stabilisce il rapporto tra i due piani, scompone la parte inferiore e circoscrive la parte centrale superiore. Questa relazione è mantenuta per tutti gli elementi del prospetto, cosicché tutta la facciata risulta costruita geometricamente sulla base di un progressivo dimezzamento o raddoppio delle misure, mantenendo sempre la stessa proporzione.

La facciata della chiesa può essere inscritta in un quadrato.

Dividendo in due il quadrato secondo una linea orizzontale, la parte superiore, riguardo al quadrato tra le volute, equivale a un quarto.

Dividendo di nuovo questa superficie in due, si ottengo dei sedicesimi di superficie che inscrivono con precisione le volute laterali.

Il portale centrale è alto una volta e mezzo la sua larghezza (rapporto di 2/3);

L'altezza della fascia centrale a cerniera è uguale alla larghezza dei portali laterali e degli avelli, ed è sette volte l'altezza dell'ordine inferiore.

I lati dei quadrati intarsiati sulla fascia centrale sono un terzo dell'altezza della fascia stessa ed il doppio del diametro delle colonne della parte inferiore.

Il Sol Invictus rappresentato sul timpano è lo stemma del quartiere di Santa Maria Novella, ma anche un simbolo di forza e ragione

Il diametro del tondo del Sole è esattamente la metà del diametro del rosone (compresa la cornice) ed è uguale a quello dei cerchi nelle volute.

Le lunette sopra le porte furono dipinte da Ulisse Ciocchi tra il 1616 e il 1618. Quella centrale rappresenta San Tommaso d'Aquino in preghiera davanti al crocifisso (sullo sfondo lo stemma Rucellai e la processione del Corpus Domini che ebbe inizio in Santa Maria Novella). Quelle laterali ritraggono due personaggi del vecchio testamento tradizionalmente legati all'allegoria eucaristica: Aronne con la manna, a destra, e Melchisedech con i pani, a sinistra.

La Basilica ha una pianta a croce latina, suddivisa in tre navate con sei ampie campate che si rimpiccioliscono verso l'altare (11,50 m. verso l'altare contro i 15 verso la facciata), dando la sensazione di una lunghezza maggiore di quella reale. La copertura è affidata alle volte a crociera a costoloni con archi a sesto acuto, decorati da conci bicromi in marmo verdi e bianco, sostenute da pilastri polistili, cioè a sezione mista. L'ampiezza della navata centrale e la sua altezza al limite delle possibilità statiche per un edificio del genere fanno sì che le navate laterali sembrino ariosamente fuse in un'unica amplissima aula. Un grande tramezzo seprava anticamente il presbiterio, l'area riservata ai religiosi, dalle navate longitudinali dove prendevano posto i fedeli, ma venne demolito tra il 1565 e il 1571, quando vi lavorò Vasari su commissione di Cosimo I. Nello stesso periodo vennero accorciate le monofore lungo la navata, in modo da lasciare in basso lo spazio per nuovi altari laterali. Il pavimento ospitava anticamente numerosissima lapidi funebri, che vennero selezionate nel restauro del 1857-1861 e in parte poste tra i pilastri laterali. Sempre nell'Ottocento venne ricostruito l'altare centrale, in stile neogotico, e vennero ricomposte le finestre e gli altari laterali, dando alla chiesa l'aspetto attuale.

Altari della navata sinistra.
Numerose e di altissimo profilo sono le opere d'arte, fra le quali spicca la Trinità di Masaccio, opera sperimentale sull'uso della prospettiva, a proposito della quali il Vasari ebbe a dire: "Pare che sia bucato quel muro". Rappresenta uno dei più importanti capolavori dell'arte rinascimentale, attuazione dei nuovi canosni stilistici in pittura, al pari dei traguardi architettonici di Brunelleschi e scultorei di Donatello. La scena sacra è ambientata in una monumentale architettura classica, disegnata con punto di fuga realistico per essere guardata dal basso, mentre la figura di Dio sorregge la Croce di Cristo, con un atteggiamento maestoso, eloquente e solenne. Anche le figure dei committenti, i coniugi Lenzi, inginocchiate ai lati della scena, rappresentano un'importantissima novità, dipinte per la prima volta a dimensione naturale, non piccole figurine di contorno, e con un notevolissimo realismo oltre al quale traspare anche il loro senso di religiosità e la devozione. La scritta sul sarcofago è un memento mori. Sempre nella navata sono opere notevoli alcuni sepolcri, come la tomba del Vescovo di Fiesole di Tino di Camaino e un'altra di Nino Pisano.

Altari della navata destra.
Vicino al primo pilastro presso la controfacciata si trova l'aquasantiera in marmo, su una colonnina di mischio rosso, opera di manifattura francese del 1412. Sull'altare che corrisponde alla prima campata si trova la tela con il Martirio di San Lorenzo, opera di Girolamo Macchietti del 1573. Sul secondo è collocata una Natività di Giovan Battista Naldini, del 1577, mentre vicino si trova la tomba della Beata Villana (morta nel 1381), imporatnte opera della scultura rinascimentale (1451): il volto della beata fu scolpito da Bernardo Rossellino, l'angelo di sinistra da Antonio Rossellino e quello di destra da Desiderio da Settignano. Il terzo altare presenta la tela della Presentazione al tempio, sempre del Naldini (1577), e nelle vicinanze è collocata la tomba del Beato Giovanni da Salerno, opera quattrocentesca però l'effige venne dispersa durante la risistemazione della chiesa del 1570, per cui una nuova scultura venne scolpita da Vincenzo Danti seguendo uno stile quattrocentesco. Nella quarta campata campeggia sull'altare un'altra pala del Naldini, la Deposizione. Ai lati si trovano a sinistra il monumento a Ruggero Minerbetti, di Silvio Cosini (1528-1530 circa) e a destra quello a Tommaso Minerbetti, rinnovato nella seconda metà del Cinquecento. Il quinto altare era usato dalle compagnie del Pellegrino e del Tempio ed è decorato dalla Predicazione di San Vincenzo Ferrer e il Redentore di Jacopo Coppi detto il del Meglio. Il sesto e ultimo altare, poco dopo un porta che conduce alla Cappella della Pura (oggi accessibile dal recinto degli avelli, vedi sotto), è decorato dal San Raimondo che resuscita un fanciullo, di Jacopo Ligozzi (1620-1623), mentre vicino all'angolo si trova il monumento funebre di Giovan Battista Ricasoli (morto nel 1572), in marmo, attribuito a Romolo del Tadda.

Il transetto è attraversato da una breve scalinata che porta agli altari ed alle cappelle posteriori e che sostituisce il tramezzo del presbiterio dalla ristutturazione vasariana del 1565-1571. È composto da tre campate a base quadrata, una grande cappella centrale, grande quasi come l'intera campata centrale, e due coppie di cappelle popsteriori di ampiezza dimezzata. Inoltre vi sono due cappelle sopraelevate alle estremità, dalle quali si accede anche alla sagrestia (a sinistra) ed alla Cappella Della Pura (a destra). Nelle chiavi di volta delle crociere si trovano figure simboliche in pietra, scolpite e dorate nel Trecento.
Nel lato destro si trovano tre sepolture parietali di notevole interesse:
* La tomba di Tedice Aliotti, vescovo di Fiesole morto nel 1336, attribuita a Maso di Banco (in alto).
* La tomba di fra' Aldovrabndo Cavalcanti, vescovo di Orvieto morto a Firenze nel 1279 (a sinistra).
* La tomba di Giuseppe, patriarca di Costantinopoli morto a Firenze durante il concilio nel 1440, con una pittura murale di autore fiorentino anonimo raffigurante il defunto fra due angeli (in basso).
Vicino alla gradinata per la Cappella Rucellai si trova la lastra tombale di Corrado della Penna, vescovo di Fiesole morto nel 1312, opera della cerchia di Arnolfo di Cambio.

La Cappella Maggiore o Cappella Tornabuoni si trova al centro della chiesa dietro l'altare maggiore. Il Crocifisso centrale è un'opera del Giambologna. Il coro conserva un'importantissimo ciclo di affreschi di Domenico Ghirlandaio, al quale probabilmente lavorò anche un giovanissimo Michelangelo Buonarroti, allora nella sua bottega. Sono rappresentati episodi della Vita della Vergine e San Giovanni, ambientate nella Firenze contemporanea e con numerosi ritratti dei committenti e di personalità fiorentine dell'epoca, caratteristica tipica del Ghirlandaio. Sul muro posteriore sono raffigurate le scene di San Domenico che brucia i libri eretici, Il martirio di San Pietro, L'annunciazione e San Giovanni nel deserto. Sugli spicchi della volta sono rappresentati gli Evangelisti.

La Cappella di Filippo Strozzi è sulla destra della cappella centrale ed è decorata con uno spledido ciclo di affreschi di Filippino Lippi, con torie delle vite di San Filippo apostolo e San Giovanni evangelista (terminato prima del 1502). Sul lato destro San Filippo scaccia il dragone dal tempio di Hierapolis e sulla lunetta La crocefissione di San Filippo; a sinistra San Giovanni resuscita Drusiana e in alto Il martirio di San Giovanni; nelle lunette della volta Adamo, Noè, Abramo e Giacobbe. Particolare importanza hanno le scene centrali degli affreschi, ambientate in delle fantasiose architetture classiche, nelle cui secen si combatte uno scontro fra cultura cristiana e paganesimo, un tema allora di scottante attualità in quanto era il periodo di governo del Savonarola. Dietro l'altare è presente la tomba di Filippo Strozzi, scolpita da Benedetto da Maiano (1491-1495).

La Cappella Bardi è la seconda a destra e fu di Alessandro Bardi dagli inizi del XV secolo. L'alto rilievo sul pilastro di destra ritrae San Gregorio che benedice Riccardo Bardi ed è di quel periodo. Gli affreschi sono invece del trecento, attribuiti da alcuni a Spinello Aretino. La Madonna del Rosaio sull'altare è di Giorgio Vasari (1568).

La Cappella Rucellai si trova in posizione rialzata in fondo al braccio destro del transetto e risale al Trecento. Vi è conservata una statua maromerea di Madonna con bambino di Nino Pisano, della metà del XIV secolo. Gli affreschi sono purtroppo molto danneggiati e rimangono solo dei frammenti attribuiti al Maestro della Santa Cecilia (restaurati nel 1989). Il pannello sulla parete di sinistra fu dipinto da Giuliano Bugiardini, mentre il momumento funebre in bronzo al centro del pavimento, fu realizzato da Lorenzo Ghiberti nel 1425. Un tempo vi era collocata la Madonna Rucellai oggi agli Uffizi.

A sinistra della cappella maggiore si trova la Cappella Gondi, disegnata da Giuliano da Sangallo (1503), dove è conservato il Crocifisso di Filippo Brunelleschi, l'unica scultura lignea conosciuta del grande architetto fiorentino. Secondo una storia riportata dal Vasari, il Brunelleschi lo avrebbe scolpito in risposta al Crocifisso di Donatello conservato in Santa Croce e da lui definito primitivo. Le volte contengono volte di affreschi fra i più antichi della chiesa, del Trecento attribuiti a maestranze greco-bizantine. La vetrata è recente e risale al secolo scorso.

In fondo al braccio sinistro del transetto, in posizione rialzata simmetricamente alla Cappella Rucellai, si trova la Cappella Strozzi di Mantova, per distiguerla da quella di Filippo Strozzi. Anche questa è coperta di affreschi pregevoli, che risalgono al 1350-57, fra le migliori opere di Nardo di Cione (fratello di Andrea Orcagna), e rappresentano i regni dei cieli strutturati secondo la Divina Commedia di Dante: sulla parete di fondo il Giudizio Universale, dove si trova anche un ritratto di Dante, a destra l'Inferno e a sinistra il Paradiso. Sull'altare maggiore Il Redentone con Madonna e santi dell'Orcagna. I due fratelli prepararono anche il cartone per la vetrata della cappella.

La Sagrestia si apre nella navata sinistra e inizialmente fu costruita verso il 1380 come Cappella dell'Annunciazione. Conserva un Crocifisso con Madonna e San Giovanni Evangelista opera giovanile di grandi dimensioni di Giotto (anteriore al 1312). qui si trova anche una fonte in marmo e terracotta invetriata di Giovanni della Robbia (1498). Gli armadi con sportelli furono disegnati da Bernardo Buontalenti nel 1593, mentre i dipinti appesi alle pareti sono opere di Giorgio Vasari e di altri pittori manieristi. La grande vetrata gotica fu realizzata nel 1386 su disegno di Niccolò di Pietro Gerini.

Gli avelli e il cimitero
Gli avelli sono delle nicchie ad arcosolio usate come arche sepolcrali, che si trovano sia nella fascia inferiore della facciata, sia, in proseguimento, nel recinto del piccolo cimitero sulla destra, lungo la via che da essi prende il nome, via degli Avelli. Gli avelli erano veri e propri luoghi di sepoltura in cui i corpi venivano murati in posizione fetale, per cui, non essendo interrati, dalle fessure e dalle crepe delle tombe si sprigionavano talvolta degli odori intensi e repellenti, per i quali la via degli Avelli era tristemente nota: esiste il detto toscano che dice "puzzare come un avello". La strada originariamente era molto stretta e solo con le opere di risanamento nel 1867 assunse il tracciato odierno, lastronato e pedonalizzato poi negli anni '90 del Novecento.

Il piccolo cimitero, con i cipressi che sono stati piantati solo nell'Ottocento, si apre a sinistra della basilica, in un terreno usato come luogo di sepoltura fino alla fine del XIX secolo (a entrata libera). Nel recinto interno si ritrova il motivo degli avelli con stemmi scolpiti, anche se qui le lastre usate sono in pietraforte e in condizioni meno buone che nelle arche all'esterno.

Alla Cappella Della Pura oggi si accede da questo piccolo recinto, e viene usato come luogo unicamente destinato al culto quando la basilica è aperta alle visite turistiche. La cappela risale al 1474, quando venne fatta ricostruire dai Ricasoli per costodire un'immagine ritenuta miracolosa, la Madonna con bambino e Santa Caterina, opera trecentesca un tempo affrescata nell'avello dei Della Luna. Da allora si trova nella cappella entro un elegante tempietto marmoreo. L'aspetto odierno della cappella oggi è però neoclassico, dopo la ristrutturazione ottocentesca di Gaetano Baccani, che mantenne in parte le colonne originarie del periodo rinascimentale, aggiungendone altere simmetricamente e alcune lesene in stucco, che crearono all'interno due tribune alle due estremità.

Sull'altare il crocifisso ligneo è lo stesso venerato dalla Beata Villana, ed è composto dalla croce in cedro del Libano, con quadrilobi dipinti con scene della Vita di Cristo: questa parte più antica è stata restaurata nel 1980 e si è rivelata un prezioso manufatto inglese del XIII secolo. Il Cristo ligneo scolpito invece è più tardo e secondo alcune fonti fu opera di un fiorentino influenzato dall'arte renana verso il 1320-1340.

 

Galileo Galilei.

el dicembre 1614, dal pulpito della chiesa (commissionato dalla famiglia Rucellai nel 1443, disegnato da Filippo Brunelleschi e realizzato dal Cavalcanti), fu scagliato il primo attacco contro le scoperte di Galileo Galilei. Il domenicano Tommaso Caccini denunciò il carattere eretico del sistema copernicano, coinvolgendo anche Galileo che ne era un sostenitore. A questo reagirono alcuni discepoli dello scienziato pisano e Caccini ne riferì all'Inquisitore di Firenze perché frenasse «certi petulanti ingegni». Nelle lettere a Benedetto Castelli del 1613 e a Cristina di Lorena del 1615, Galileo rivendicò l'autonomia della scienza dalla fede. Il 24 febbraio 1616 la Chiesa di Roma condannò la tesi eliocentrica e il 5 marzo decretò la sospensione dell'opera di Copernico fino a quando non fosse stata corretta. Con l'ammonizione a Galileo ad abbandonare l'ipotesi copernicana, da parte di Bellarmino, si concluse quello che viene definito il primo processo a Galileo.

 

Basilica. 
Firenze,  Piazza di Santa Maria Novella
TEL. 055 21.59.18 (Padri Domenicani)

FAX 055.21.92.57 (Opera Santa Maria Novella)

ORARIO Feriali: 9:30-17:00;

venerdì e festivi: 13:00-17:00

 

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Facciata della Basilica di SMN

Pianta della Basilica di SMN

Pianta della Basilica di SMN

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