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Storia del Chianti Classico Secondo noi.

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Cos'è il vino, pratiche agronomiche e colturali

Premessa: non siamo produttori di vino, non lo siamo mai stati e mai lo saremo. Vogliamo libertà di bere e libertà di scelta come da quasi 200 anni facciamo nella ricerca dei prodotti migliori di questa terra cheGallo nerotanto amiamo.

Cos'è il vino e come si fa? Per prima cosa abbiamo bisogno dell'uva. Strano no? Beh. intanto seguite bene il discorso e il concetto, vedrete che tutto non è poi così scontato! Intanto e per chi non lo sa. Sin dall'epocaetrusca, la maggior parte di vino prodotto era bianco. Perchè?

Le ragioni cominciano dalle condizioni geografiche del Chianti.

  1. La latidudine: la distanza della regione dall'equatore. Una pianta di vite ha bisogno di 1400 ore di luce diretta per virare il grappolo dal verde al rosso. Sono circa 117 giorni, ognuno dei quali considerato di 12 ore di luce piena. Ogni nuvola che lo oscura riduce l'irraggiamento del 30%. Per questo ci vogliono circa da marzo adagosto (intorno al 20mo giorno), prima che questa si compia. Dopodichè, la pianta completerà l'arricchimento e la maturazione del grappolo.
  2. L'esposizione dei terreni. I migliori terreni per la vite sono in ordine di esposizione al sole: sud, ovest, est e nord. Gli ultimi due, quasi scartati per il vino. In genere si utilizzano per l'olivo che lo proteggono dai venti caldi.
  3. Struttura pedologica del terreno: in chianti vi sono quasi esclusivamente terreni argillosi. L'argilla provoca ristagno d'acqua nei periodi piovosi e crepe nel terreno nei periodi secchi
  4. Età della pianta: la vite ha un ciclo biologico più lungo rispetto a quello umano. Questa è giovane dalla piantagione a 25mo anno di età. Poi comincia a crescere. Per utilizzare una semplice pietra di paragone. Nei primi 10 anni di maturazione sessuale, noi sapiens facciamo un sacco di quantità e poca qualità. La stessa cosa la fa la vite fino al 25 anno. Poi comincia a ridurre la produzione con meno grappoli ma più ricchi di corpo e sapore. Dal 35° anno, inizia davvero a produrre qualità.
  5. Condizioni climatiche locali. Clima mediterrano: Inverni freddi, estati calde. Piogge violente durante gli autunni.

Le soluzioni agronomiche adottate erano semplici. Le pratiche e le ragioni ancora più ragionevoli.

  1. Il vino di uva nera matura a fondo per via della latitudine e dell'irraggiamento. Diventa un vino grosso, di sapore intenso ma pesante che mal si associa al cibo e che diventa pesante alla beva ripetuta.
  2. Solo i terreni ad ovest e sud venivano destinati alla vite.
  3. Le piante venivano fognate. Una buona fognatura profonda evitava ristagni d'acqua e manteneva il terreno fresco anche d'estate. La piantagione era spesso più profonda rispetto all'attuale. Il sistema di allevamento a giropoggio o a gradoni in modo che le piogge non dilavassero il terreno ma contemporaneamente si impregnasse bene d'acqua restituendolo in un arco di tempo più ampio alle piante.
  4. Non si produceva vini di qualità in vigneti giovani. L'età di un vigneto era ed è la prima ragione di qualità produttiva di un coltivatore.
  5. Si utilizzavano piante autoctone (origiarie del posto), avevano sviluppato sistemi di difesa naturali. Una buccia più spessa, acini più distanziati. In tal modo poteva resistere alla rottura dell'acino durante le violenti piogge estive ed autunnali. Evitava ristagni di acqua nel grappolo e quindi formazione di muffe. Si impalcavano le piante più alte che prendessero bene il sole e gli acini asciugassero prima.
Infestazioni funginee comuni
Botrytis Cynerea Oidio
Botrytis Cynerea su Riesling Oidio su grappolo

Ecco le ragioni per cui fino alla prima metà dell'ottocento, la stragrande maggioranza dei vini prodotti nel Chianti erano bianchi. In più, c'è da aggiungere che un buon vino come un buon piatto deve invitarti a prendere un altro boccone, deve invitarti a berne un altro sorso. Deve avere un sapore armonico, non deve essere aggressivo o persistente. Se vuoi il sapore del vino devi avere il vino in bocca. Insomma, il nostro veero chianti classico, deve dare un esplosione di gusto, di uva, di brio, di vitalità (presenza di uva bianca), e deve invitarti a bere!. Poi in fondo fare il vino è una cosa estremamente semplice.

Uva>>>

Succo>>>

Fermentazione>>>

Filtrazione>>>

Maturazione>>>

Vino

Quindi nel vino, per ovvie ragioni, si deve trovare il sapore dell'uva da cui esso proviene. Se vi si trovano sapori o odori che non sono propri dell'uva di origine per forza è stato aromatizzato. Facciamo un esempio pratico. Il Verduzzo Friulano, produce un vino che ha un gusto dolciastro con un sapore di retrogusto che ricorda quello delle noci. Se in questo vino non si trova quello specifico gusto, quel vino è quasi certamente adulterato. Nelle uve basilari del chianti classico originale, non si trovano sapori di fiori, di fragole, di more, di rose. Semmai un procedimento naturale porta ad avere un gusto 'fruttato', quindi naturale. Poco importa se alla testa di un filare vengono piantate rose o piante aromatiche per far intendere al 'bischero' di turno di turno che l'intenzione è quella di insaporire il vino. Questo sistema di fatto non funziona. Primo perchè una singola pianta su un filare non è in grado di influire sul sapore, in secondo luogo perché questo è un sistema che di base da pochissimi risultati. Altra cosa sono le botti di legno misto. In questo caso il gusto tipico di quel legno passa al vino. Tradizionalmente e storicamente però gli aromi intensi vengono utilizzati per coprire eventuali difetti del cibo: carni troppo vecchie, vini scompensati... etc etc. Quindi la "balsamatura o aromatizzazione" è sinceramente poco adatta ad un'azienda seria.

 

Il tino ligneo (rovere) L'orcio toscano di terracotta La botte di rovere
Il tino ligneo (rovere) L'orcio toscano di terracotta La botte di rovere

In effetti, quando davvero si produceva 'vino' naturale, il primo problema era proprio questo. Con i mezzi dell'epoca, riuscire a non trasmettere sapori, odori e profumi che non fossero propri dell'uva di provenienza. Non c'erano contenitori di vetro abbastanza grandi, non c'era l'acciaio inox, quindi si utilizzavano contenitori alternativi. In primo luogo il tino. Costruito in legno, veniva usato per la pigiatura e la fermentazione. I tini, come tutti gli altri contenitori di legno, rilasciavano tannini e sapori che coprivano o alteravano il gusto dell'uva. In genere venivano considerati ottimali solo dopo 80 anni di utilizzo. Il legno non era infatti più in grado di modificare il vino in senso negativo.Un altro sistema era quello di vinificare utilizzando un orcio di terracotta. Funzionava benissimo ma i problemi erano insormontabili. La capacità limitata di un orcio che ha delle limitazioni strutturali costruttive, la fragilità del medesimo durante le fasi di lavorazione e il costo esorbitante. La vecchia botte di rovere. Un pregio dimenticato.

Bene, siamo al dunque. Tra il 1834 ed il 1837 un signore, tal Barone Bettino Ricasoli, tanto appassionato di agricoltura e di vini, nel tentativo di ottenere un vino che fosse armonico e sopratutto bevibile, scrisse finalmente il procedimento per ottenere il Chianti Classico

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Tab. 2
Sangiovese toscano Canaiolo Nero Trebbiano Toscano Malavasia toscana Colorino
"Sangiovese, che dà «corpo e colore» (fino a 7/10)
Canaiolo nero, che conferisce «profumo e morbidezza» (fino a 2 /10)
Trebbiano....
...e Malvasia che dà «acidità lieve e finezza» (fino a 2 /10)"
con l’aggiunta di colorino in caso di un mosto troppo rosato
ed ecco qua, un vino complesso che racchiude un procedimento agronomico e produttivo importante ed unico al mondo.

In poche parole il chianti classico quello autentico è una sapiente ricetta. Per fare un esempio semplice è come andare ad un concerto e sentire un musicista che suona la chitarra. Se stecca è facile individuare l'errore. Altra cosa è capire bene un gruppo di musicisti o un'orchestra. gli strumenti devono essere bene accordati ed il tono di ogni strumento deve armonizzarsi con l'altro per dare coerenza al pezzo che si sta suonando. In altre parole ci vuole orecchio ed una certa cultura, sopratutto si deve stare attenti a quello che si ascolta. Nel nostro caso si deve fare attenzione a quello che si beve.

Per fare un assaggio vino non è quindi sufficiente conoscere provenienza ed etichetta ma anche conoscere l'esposizione dei terreni, il tipo d'allevamento, il tipo di terreno, la sistemazione degli appezzamenti. Se possibile assaggiare prima l'uva direttamente in campo. Vero è che quella che assaggerete sarà l'uva che diventerà vino l'anno prossimo ma avrete un'idea di cosa è stato usato, che architettura generale avrà il vino che andrete a provare. Un vino naturale non sarà mai lo stesso di anno in anno e attraverso quell'assaggio dovrete ritrovate tutto il sapore della natura da cui proviene. Non dico che il vino debba essere lasciato inalterato e non corretto. Dico che il vino deve subire correzioni accettabili. Lo zuccheraggio ad esempio è una pratica che la legge italiana non prevede ed è un grande sbaglio. Insomma non perdete mai di vista il sapore dell'uva da cui ogni vino per forza deve provenire.

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